Recensione di L’incubo di Hill House di Shirley Jackson
Reading Time: 5 minutes
Shirley Jackson
Gotico/Horror
Adelphi
1959
Cartaceo-Ebook
233
Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno (giovani coppie, gruppi di studenti, scrittori alla vana ricerca di ispirazione) non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice – e cioè non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati, allontanandosi senza voltarsi indietro. Bene, a tale domanda, meno oziosa di quanto potrebbe parere, questo romanzo di Shirley Jackson – il suo più noto – fornisce una risposta, forse la prima. Non è infatti la fragile, sola, indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, dilatando l’esperimento paranormale in cui l’ha coinvolta l’inquietante professor Montague molto oltre i suoi presunti limiti. È piuttosto la Casa – con la sua torre buia, le porte che sembrano aprirsi da sole, le improvvise folate di gelo – a scegliere, per sempre, Eleanor Vance. E a imprigionare insieme a lei il lettore, che tenterà invano di fuggire da una costruzione romanzesca senza crepe, in cui – come ha scritto il più celebre discepolo della Jackson, Stephen King – «ogni svolta porta dritta in un vicolo buio».
Shirley Jackson è divenuta una delle mie guilty plasure recenti, tanto che mi sono chiesta diverse volte perché io non l’abbia letta prima in vita mia. La amo anche quando i libri che scrive sono davvero lontani dal genere che leggo di solito, come L’incubo di Hill House, romanzo di cui vi parlerò oggi.
In Italia Jackson è pubblicata nelle bellissime edizioni Adelphi, e io l’ho letta nell’Edizione del 2016 per la collana Gli adelphi, tradotta da Monica Pareschi. La prima edizione italiana del libro del 1979 era intitolata La casa degli invasati.
La trama di L’incubo di Hill House
«Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.»
Questo incipit cupo ma bellissimo ci immerge subito in una storia oscura e ci prepara a un’ambientazione che rimarrà alla storia.
La trama racconta di come Il dottore Montague, antropologo con una passione per il paranormale, convoca alcune persone per un esperimento da tenere a Hill House, antica dimora che si pensa infestata dai fantasmi. Il dottore viene raggiuto dalla bella ed estroversa Theodora, da Luke l’erede della casa in rappresentanza dei proprietari di Hill House e da Eleanor Vence, ragazza che ha passato tutta la vita ad accudire la madre dopo e la sua morte dorme a casa della sorella e non ha nulla di suo.
I quattro si trasferiscono a Hill House e iniziano questa macabra avventura alla ricerca di segnali paranormali.
Quello che a oggi è considerato uno dei racconti di fantasmi più celebri del xx secolo è un piccolo capolavoro che unisce gotico e horror alle storie di fantasmi ottocentesche, ambientato in una dimora vittoriana abbandonata a se stessa e alle sue presenze. L’incubo di Hill House non è un romanzo horror come lo concepiamo noi oggi: niente mostri riconoscibili, né scene splatter, anche se l’ansia e la paura ci accompagnano dalla prima all’ultima pagina.
La maestria di Jackson sta nel giocare con la psicologia e l’introspezione dei suoi personaggi, facendoci percepire sempre il pericolo e l’orrore e allo stesso tempo non mostrandolo mai a noi lettori. Questa incognita permette chiavi di lettura diverse per questo romanzo di cui vi parlerò in seguito, e accompagna il lettore per scoprire cosa si nasconde dietro questa magione, cosa vogliono dai protagonisti quelle presenze, mettendoci i brividi a ogni notte che i personaggi affrontano dentro di essa.
I suoi protagonisti vengono sviscerati nelle proprie paure, nella loro psicologia e traumi, con conversazioni che forse a noi a volte sembrano grottesche e sconnesse.
Concentrandoci su Eleanor, protagonista del romanzo sin dalle prime pagine. Una donna fragile che vede in un ritrovo strano come quello a Hill House un modo per vivere un’esperienza che scuota la sua vita e le dia un senso. Rimarrà centrale nella vicenda, la casa avrà da subito un legame speciale con lei e sarà legata in qualche modo agli eventi paranormali di questa.
In L’incubo di Hill House si percepisce una certa immobilità: accade poco, ci sono poche scene e pochi movimenti. Sembra che non succeda nulla, ma allo stesso tempo lo stile di Jackson ci fa provare sentimenti forti, brividi di paura, ansia di capire come questa storia andrà a finire.
Come vi anticipavo poco fa, ci possono essere diverse interpretazioni del romanzo perché le presenze non si manifestano mai sotto gli occhi dei lettori ma nemmeno dei protagonisti: tutto scorre su una linea di ambiguità che spinge il lettore a voler leggere tutto d’un fiato il libro per capire cosa ci sia dietro a questa casa indemoniata, ma allo stesso tempo il dubbio rimane che sia tutto accaduto nella mente dei protagonisti. E un gioco a cui Jackson ci fa partecipare, lasciando sottinteso e aperto a diverse interpretazioni il romanzo.
La forza del tutto è che alla fine il lettore in cerca di risposte è trascinato dagli eventi e dalle sensazioni che il libro trasmette, tanto che sembra anche a lui di essere nella storia, di viverla più che osservarla. E quando un lettore finisce un libro e pensa di averlo vissuto più che letto, secondo me la storia è vincente.
«Io credo che la casa stessa sia il male. Ha incatenato e distrutto la sua gente e le loro vite, è un luogo abitato dall’astio e dal rancore.»
E poi come non parlare della casa, Hill House, protagonista assieme ai personaggi, non solo un edificio ma una presenza con un suo carattere, una sua tetra forza e un suo ruolo ben determinato. La casa è descritta in maniera dettagliata, dalle sue stanze non accoglienti al senso di ribrezzo che provoca, ed è a tutti gli effetti uno dei protagonisti chiave del romanzo. L’incipit ci fa capire subito che questa non è una casa come le altre, che Hill House ha regole sue, una storia terribile e una sua volontà, tanto che persino i suoi custodi scappano ogni notte per tonare solo con la luce del giorno. Jackson ha avuto un modo impeccabile di descrivere una delle case di fantasmi più famose di sempre e l’ha immortalata nelle paure comuni grazie al suo modo di raccontarcela.
L’incubo di Hill House è stato fonte d’ispirazione per molti autori che di orrore hanno scritto e sono diventati dei pilastri (Stephen King nel suo saggio Danse macabre sostiene che questo libro è stato una delle sue maggiori influenze) ed è diventato il capostipite di un intero genere e l’ispirazione per tantissime storie dopo di lui. Come vi dicevo all’inizio di questa recensione, Shirley Jackson mi piace moltissimo ed è diventata in breve tempo una delle mie scrittrici preferite, tanto da farmi incollare a una storia che se scritta da chiunque altro non mi sarei mai sognata di leggere. Sì, perché io non leggo né gotico né tantomeno horror, ma ho fatto uno strappo alla mia regola e ai miei gusti e mi sono buttata in una lettura che non avrei fatto. È stata una sorpresa, non riuscivo fare a meno di leggere questa storia tutto d’un fiato. Jackson è immensa e aveva una capacità innata di scrivere e farmi paura non con fantasmi e mostri ma attraverso le sfumature più nere dell’amino umano.
Dunque, L’incubo di Hill House è un classico moderno dell’orrore che promette di portare il lettore in una casa stregata tra presenze, stanze spaventose e suggestioni; una lettura perfetta per questo periodo dell’anno, che consiglio a chi ama i racconti di paura ma anche a chi come me li detesta perché Shirley Jackson è riuscita a creare un piccolo capolavoro gotico che deve essere assolutamente letto almeno una volta nella vita; si sopravvive a Hill House, fidatevi e non ve ne pentirete.
Se volete leggere il libro, potete acquistarlo al link affiliato Amazon.
Se volete leggere altri consigli di lettura invece vi invito nella sezione del blog Le recensioni di Book-tique.
Alla prossima con una nuova recensione!
Giorgia
Founder di Book-tique.
Nata nel varesotto alla fine dei gloriosi anni ’80, adottata da Trieste in giovane età e infine emigrata per qualche anno in Australia, e rimpatriata.
Nella vita ho fatto un po’ di tutto, ma le due costanti sono state l’amore per i libri e la passione per la scrittura. Per questo ho deciso di aprire questo blog e parlare con frequenza di libri e di quel che ruota attorno a loro.
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