Recensione di Il miglio verde di Stephen King
Reading Time: 4 minutes
Stephen King
Dark fantasy
Pickwick
1997
Cartaceo- Ebook
550
Nel penitenziario di Cold Mountain, lungo lo stretto corridoio di celle noto come Il Miglio Verde, i detenuti come lo psicopatico Billy the Kid Wharton o il demoniaco Eduard Delacroix aspettano di morire sulla sedia elettrica, sorvegliati a vista dalle guardie. Ma nessuno riesce a decifrare l'enigmatico sguardo di John Coffey, un nero gigantesco condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine. Coffey è un mostro dalle sembianze umane o un essere in qualche modo diverso da tutti gli altri? Un autentico capolavoro firmato Stephen King e dal quale è stato tratto lo straordinario film di Frank Darabont con Tom Hanks.
C’è questo pregiudizio popolare che Stephen King scriva solo libri horror. Lo credevo anche io fino a quando mi sono unita a un gruppo di lettura dedicato proprio a sfatare questo mito. Ebbene, se già mi ero ricreduta, leggendo Il miglio verde a luglio ho dovuto abbattere ogni preconcetto nella mia mente legato a questo autore.
Il miglio verde racconta la storia dell’arrivo al miglio verde, il settore dei condannati a morte di un carcere di provincia, del gigantesco John Coffey, uomo di colore accusato di aver stuprato e ucciso due bambine. Quest’uomo si rivelerà molto particolare: di mente semplice e molto sensibile, ma anche con poteri paranormali.
La storia è raccontata dalla prospettiva di Paul Edgecombe, capo delle guardie penitenziarie all’epoca dei fatti, in un presente in cui è anziano e in una casa di riposo, che rivive, scrivendo un libro, le vicende di quel periodo strano nel braccio della morte.
Alternando passato e presente dunque King ci immerge in una storia che racconta tra le sue pagine moltissime cose, scuotendo il lettore con immagini forti legate alle esecuzioni sulla sedia elettrica.
Il miglio verde è uscito per la prima volta nel 1996 a puntate mensili, seguendo la tradizione ottocentesca, ispirandosi ai grandi romanzi di Dickens. Come dice li stesso nella prefazione di questo libro, non si aspettava il successo che poi ha avuto la sua storia, diversa dalle narrazioni a cui aveva abituato i suoi lettori fino a quel momento.
La peculiarità di questo racconto straordinario è il parlare di qualcosa che fa parte della storia degli Stati Uniti: la pena capitale, le sentenze di morte a carico di criminali sulla sedia elettrica. Old Sparky la chiama King nel suo romanzo, un marchingegno infernale che priva della vita chi la vita l’ha tolta ad altri. La riflessione principale di questo romanzo è legata proprio a questo tema, delicato, controverso.
Mi è stato impossibile non leggere una velata critica a questa pratica ancora consuete in America, anche se la sedia elettrica non è più uso comune; si questiona sull’eticità della condanna a morte, ma anche sul rendere le guardie in qualche modo anche loro assassini, per mano dello stato.
Un discorso delicato e secondo me molto più sentito negli USA che da noi, ma che fa riflettere molto sulla giustizia, su quelli che possono essere errori giudiziari, sul fatto che sia giusto o meno. La posizione di King non è difficile da scorgere in mezzo al suo racconto di fantasia, e posta anche noi lettori a riflettere profondamente su questo tema.
L’autore quindi per far ragionare noi lettori ci pone davanti alla realtà: assistiamo alle esecuzioni, dure brutali, come il pubblico che lo faceva dal vivo all’epoca, assistendo alla brutalità di questa pratica; la cosa bella è che in contrapposizione alle esecuzioni osserviamo anche alla normalità dei carcerati e dell guardie del miglio verde. Le guardie che sono umane, gentili con criminali che vivono gli ultimi giorni della loro vita, che promettono qualcosa a ognuno quando arriva il momento. Guardie che non sono quelle che vediamo nei telefilm, brutali e rabbiose, ma comprensive, di polso fermo, ma consapevoli che sono le ultime persone a fare compagnia a uomini alla fine dei loro giorni. Ho trovato questo contrasto davvero umano, vero, in qualche modo dolce e consolatorio.
Oltre al tema principale però in Il miglio verde si parla anche di solitudine, del tramonto della vita e di come si affronta in qualche modo la vecchiaia. Il doppio piano narrativo di passato e presente porta avanti due discorsi diversi, e in qualche modo complementari, mostrandoci la solitudine dei condannati a morte, ma anche di un uomo sopravvissuto a tutti i suoi cari e si trova ad affrontare la fine della propria vita da solo, abbandonato ai suoi ricordi.
Anche il razzismo, trasversalmente, vine affrontato tra le pagine di King; il protagonista di questa storia è un uomo di colore negli anni trenta negli Stati Uniti che è accusato di un crimine orrendo. Si legge implicitamente in questa storia la condizione, i pregiudizi legati alle persone afroamericane in America in quegli anni, il terrificante modo di considerarli al pari di animali, il trattamento diverso riservato a bianchi e chi ha un colore della pelle diverso.
Insomma, Il miglio verde è un libro che porta una serie di spunti di riflessione, dove l’autore ha uno stile perfetto mio parere qui: troviamo un King più “maturo”, che incuriosisce e ipnotizza il lettore tra le pagine della sua storia. Nonostante, come nel mio caso, la storia la si conosca di già: infatti io ho letto per la prima volta questo romanzo a luglio scorso, ma conosco molto bene il celeberrimo film omonimo.
La pellicola è davvero famosissima ma anche particolarmente fedele – non credo di aver mai visto un film tratto da un libro così simile al romanzo scritto – e io l’ho rivista poco tempo fa perché lo passavano alla TV. Dunque nonostante la mia memoria sia pessima, avevo ancora in mente le immagini del film molto nitide, cosa che non mi ha aiutata all’inizio della lettura di questo romano. Andando avanti nella lettura, nonostante ribadisco che le differenze tra le due versioni siano davvero minime, sono riuscita a visualizzare la storia raccontata da King, forte anche della scrittura che mi ha coinvolto sempre più, per poi non vedere l’ora di finirlo. Devo anche ammettere che alla fine del romanzo è uscita inevitabilmente qualche lacrima, consacrando Il miglio verde come uno dei libri più belli e coinvolgenti che ho letto durante l’anno.
Per chiudere, dunque Il miglio verde è un libro davvero immenso, drammatico e intenso, che racconta le dinamiche dei bracci della morte americani, aggiungendo elementi paranormali che non guastano, ma anzi rendono la storia unica nel loro genere. Lo consiglio come lettura per avvicinarsi a questo autore, perché sì devo ammetterlo: questo è uno di quei libri che secondo me vanno letti almeno una volta nella vita.
Se volete leggere il libro, potete acquistarlo al link affiliato Amazon.
Se volete leggere altri consigli di lettura invece vi invito nella sezione del blog Le recensioni di Book-tique.
Alla prossima con una nuova recensione!
Giorgia
Founder di Book-tique.
Nata nel varesotto alla fine dei gloriosi anni ’80, adottata da Trieste in giovane età e infine emigrata per qualche anno in Australia, e rimpatriata.
Nella vita ho fatto un po’ di tutto, ma le due costanti sono state l’amore per i libri e la passione per la scrittura. Per questo ho deciso di aprire questo blog e parlare con frequenza di libri e di quel che ruota attorno a loro.
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