perché sono venuta in Australia

Diario letterario di un’italiana in Australia: perché sono venuta in Australia

Reading Time: 4 minutes

Su Instagram, dove parlo in piccola parte anche di me non solo di libri, alcune persone in questo periodo mi hanno chiesto: perché sei andata in Australia?

Questa cosa mi ha fatto riflettere. perché ho da sempre parlato della mia esperienza dall’altra parte del mondo ma in maniera molto pratica.

C’è questo diario pubblico che tengo ormai più o meno regolarmente da due anni, rispondo volentieri alle domande che la gente mi fa in privato, ma in concreto non ho mai parlato del come io abbia compiuto questa scelta.

E se mi chiedete il perché non lo so. Lo davo per scontato?
Non ci ho pensato? Oppure può anche essere che la mia riservatezza sia uscita anche su questo, e ancora una volta è più facile parlare del cosa ma più difficile aprirmi nei miei sentimenti.

Ma eccomi qui a raccontarvelo. Ecco perché sono venuta in Australia.

Tutto è iniziato così: un giorno di Febbraio di tre anni fa Fede mi ha chiesto: “partiamo?”. Io ero un po’ perplessa, perché avevo appena iniziato un nuovo lavoro che mi piaceva, avevamo una bella vita tutto sommato e abbastanza piena. Quindi ero spiazzata.

Lui ha sempre voluto vivere un’esperienza del genere all’estero, venendo da una famiglia di viaggiatori. Anche io ho sempre sognato di viaggiare il mondo e vivere fuori da mio paese; ma la vita mi ha portato su altre strade, e mi è sempre mancato il coraggio di fare una decisione così da sola. Ma lui, che è da tanti anni ormai la mia forza, mi ha dato quella spinta iniziale, e dopo aver risolto i dubbi esistenziali del principio abbiamo deciso insieme di prendere un aereo e volare via; e non lo rimpiango perché questa è una delle esperienze più importanti della mia e nostra vita.

Faccio una premessa poi sul perché pratico sono partiti: non ero disperata, non ero in cerca di fortuna né di denaro, almeno non particolarmente. Avevo un nell’appartamento, ben due lavori e sia io che dolce metà avevamo delle buone entrate mensili. Degli amici, una vita sociale abbastanza piena, alcune piccole soddisfazioni. Non ci potevamo lamentare come direbbe qualcuno, ma non bastava. Dunque abbiamo preso questa decisione, quella di mettere la nostra vita in un misero zaino e partire alla volta dell’emisfero australe perché volevamo fare un’esperienza, vedere un pezzo di mondo, viaggiare con lo zaino in spalla senza avere una fissa dimora.

Sono partita alla fine forse perché lo fanno tutti quelli come me: a un certo punto nella loro vita capita un’occasione, un momento, un segno, e ti viene da dire: ecco questo è il momento giusto per farlo. Devo andare.

Il mio segno è stato Fede, con il suo: facciamolo, non abbiamo nulla da perdere qui.

Come dicevo non ero nemmeno in una situazione disperata in Italia, quindi è stata proprio una scelta la mia. Prendere, lasciare quel che avevo, e partire. Cosa avevo esattamente?
Un lavoro precario, una casa in affitto. Di stabile solo il fidanzato che mi ha chiesto di andare dall’altra parte del mondo con lui.
Ci sono famiglia e amici, che non si lasciano mai a cuor leggero ma ne valeva davvero la pena di non cogliere l’ultima occasione che avevo per fare una esperienza del genere per persone che in fondo sapevo mi avrebbero voluto bene comunque?

Certo, non sono partita così su due piedi, ci ho pensato molto: chi prende alla leggera una decisione del genere?

Ultima occasione poi, parliamone. Sono un po’ drammatica su tutto, ma io l’ho vissuta come tale. Avevo 29 anni al momento della partenza e nella mia opinione (mia, e personale sia chiaro, ognuno è libero di scegliere quel che è meglio per sé) una decisione così, di partire e di andare a vivere all’estero così lontano da casa, la fai prima dei trent’anni. Non giudico chi lo fa dopo, anzi hanno tutta la mia stima, ma che volete, è un mio blocco. Ero convinta che fosse la mia ultima chance di essere “libera” prima di diventare “adulta”, e fare tutte le cose che fanno gli adulti.

E quindi poco dopo quel famoso febbraio dove Federico mi chiese: andiamo?, iniziammo a progettare la nostra partenza.
All’inizio volevo andare in Nuova Zelanda, perché in Australia ci “vanno tutti” (conosco molta gente che c’è stata) e quindi troppo mainstream; poi mi sono fatta convincere dalle esperienze altrui che l’Australia era una decisione più saggia, e diciamo che non me ne sono affatto pentita.

E così, dopo mesi di preparazione il 21 settembre di quasi due anni fa ho preso un aereo di 26 ore per andare dall’altra parte del mondo: direzione Australia, la terra dei canguri, a 10 fusi di differenza dal mio. Quel paese di Bianchi anglofoni in mezzo al sud est Pacifico che tutti raccontano selvaggio e dai panorami meravigliosi.
Sono una dei cervelli in fuga forse, o meglio faccio parte di quella parte di gioventù che mette la sua vita in uno zaino, o una valigia, e parte alla ricerca di fortuna e avventura, o solo di loro stessi.

Quando sono partita mancavano tre mesi ai miei 30 anni, quindi così giovane non lo ero ormai più secondo gli standard canonici del concetto di gioventù stessa. Si dice che la mia generazione, millennials ci chiamano, è quella degli eterni Peter Pan, quelli che non voglio responsabilità, quelli del che cosa farò da grande ancora a 30 anni con non sempre la ferma intenzioni di metter su casa e famiglia. Luoghi comuni che usano quelli più adulti di noi per etichettarci, certo; vi devo confessare però che io onestamente mi sono sentita tanto tempo così, e in questa generalizzazione un po’ mi ci ritrovo. Non siamo tutti fatti allo stesso modo, anche se ho incontrato tanti come me, desiderosi di vivere la vita al pieno delle proprie potenzialità, non ancora pronti a “sistemarsi” e vogliosi di collezionare una serie di esperienze, molte volte anche per condividerle su Instagram, anche se quella poi è solo una parte della storia che c’è dietro.

Ed ecco signore e signori, perché sono venuta in Australia.

***

Questo estratto è preso e riadattato da qualcosa che ho scritto in precedenza: per farne un riassunto della mia esperienza o forse un incipit di un libro che non avrei mai fatto leggere a nessuno, per questo molto intimo e personale.

Fa poi strano pubblicare questa cosa proprio ora che questa esperienza potrebbe finire in poco più di un mese, per il momento di incertezza che sto vivendo e la questione visto, ma ci tenevo a condividere questa cosa molto mia con voi.

Spero apprezzerete questo breve racconto sul perché sono venuta in Australia anche per il significato che ha per me.

Ora se è la prima volta che leggete questa rubrica del blog, vi invito a dare un’occhiata a tutti i capitoli precedenti di questa rubrica così potete conoscere cosa ho combinato in questi due anni australiani.

I capitoli precedenti li trovate in questa pagina.

Al prossimo mese con un nuovo diario letterario di un’italiana in Australia.

Giorgia

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