VersInMusica – Fabrizio Dè Andrè ci canta Dolcenera

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Ritorna VersInMusica, la rubrica delle canzoni tanto belle, da essere paragonati a poesia. E questo mese vi parlo di un grande della musica italiana, il mitico Faber.

Fabrizio De André è stato uno dei più grandi menestrelli italiani, un cantautore che con le sue parole ha ispirato molte generazioni, e mi auguro ne ispiri ancora.

Oggi vi propongo una delle sue canzoni una delle mie preferite, Dolcenera.

Eccovi il testo della canzone:

Amìala ch’â l’arìa amìa cum’â l’é cum’â l’é

amiala cum’â l’aria ch’â l’è lê ch’â l’è lê

amiala cum’â l’aria amìa amia cum’â l’è

amiala ch’â l’arìa amia ch’â l’è lê ch’â l’è lê

nera che porta via che porta via la via

nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera

nera che picchia forte che butta giù le porte

nu l’è l’aegua ch’à fá baggiá

imbaggiâ imbaggiâ

nera di malasorte che ammazza e passa oltre

nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna luna

nera di falde amare che passano le bare

âtru da stramûâ

â nu n’á â nu n’á

ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere

che è venuta per me

è arrivata da un’ora

e l’amore ha l’amore come solo argomento

e il tumulto del cielo ha sbagliato momento

acqua che non si aspetta altro che benedetta

acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale sale

acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte

nu l’è l’aaegua de ‘na rammâ

‘n calabà ‘n calabà

ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare

quando ingorga gli anfratti si ritira e risale

e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell’onda

e la lotta si fa scivolosa e profonda

amiala cum’â l’aria amìa cum’â l’è cum’â l’è

amiala cum’â l’aria amia ch’â l’è lê ch’â l’è lê

acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti

acqua per fotografie per cercare i complici da maledire

acqua che stringe i fianchi tonnara di passanti

âtru da camallâ

â nu n’à â nu n’à

oltre il muro dei vetri si risveglia la vita

che si prende per mano

a battaglia finita

come fa questo amore che dall’ansia di perdersi

ha avuto in un giorno la certezza di aversi

acqua che ha fatto sera che adesso si ritira

bassa sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente

fredda come un dolore Dolcenera senza cuore

atru de rebellâ

â nu n’à â nu n’à

e la moglie di Anselmo sente l’acqua che scende

dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle

nel suo tram scollegato da ogni distanza

nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza

così fu quell’amore dal mancato finale

così splendido e vero da potervi ingannare

Amìala ch’â l’arìa amìa cum’â l’é cum’â l’é

amiala cum’â l’aria ch’â l’è lê ch’â l’è lê

amiala cum’â l’aria amìa amia cum’â l’è

amiala ch’â l’arìa amia ch’â l’è lê ch’â l’è lê

Dolcenera è una canzone che nel tempo ha avuto molte interpretazioni.
Quella più superficiale si riferisce a un’alluvione terribile che colpì Genova nell’ottobre del 1970.
Il coro in genovese, infatti, da un tono mistico alla canzone, che diventa simile a un lamento; quasi a ricordare una tragedia greca.

L’interpretazione che gli ho sempre dato io, non si limita all’apparenza; ci ho visto molta più profondità leggendo, sotto la catastrofe, un grosso senso di solitudine.
Lui stesso, durante un concerto, dice della sue parole:

«Questo del protagonista di Dolcenera è un curioso tipo di solitudine. È la solitudine dell’innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l’oggetto del desiderio. È una storia parallela: da una parte c’è l’alluvione che ha sommerso Genova nel ’70, dall’altra c’è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l’assenza, perché lei, in effetti, non arriva. Lui è convinto di farci l’amore, ma lei è con l’acqua alla gola. Questo tipo di sogno, purtroppo, è molto simile a quello del tiranno, che cerca di rimuovere ogni ostacolo che si oppone all’esercizio del proprio potere assoluto.»

Nel comune sentire, Dolcenera è una donna che viene paragonata a una brusca tempesta. L’amante di Anselmo, di cui la moglie non deve sapere, mentre i due innamorati si incontrano in segreto.
Se leggiamo la canzone in un altro senso, la moglie di Anselmo potrebbe essere anche la protagonista di questa storia: Anselmo il tradito, mentre la sua consorte va da quell’anonimo amante. In questo caso sarebbe all’oscuro dell’acqua che arriva, e «butta giù le porte».

Un ambiguità profondamente voluta, che confonde l’ascoltatore il quale, in prima battuta, fa un po’ fatica a dare una logica alle parole. Ma probabilmente la logica non c’è, e De Adrè ha lasciato questa aurea criptica nei suoi versi proprio perché ognuno in questo modo colga quel che vuole dalle note.

L’amore è presente in tutta la canzone: un sentimento carnale, dove l’acqua diventa metafora del raggiungimento del piacere. La donna sogna il mare e simula l’atto sessuale, dove l’acqua diventa sia il godimento che lo stesso amante.

Alla fine dell’alluvione, dove i reduci si ritirano «a battaglia finita», capiamo che Dolcenera non è una donna, ma è l’acqua. Un potere disarmante, che arriva e spazza via tutto.
Spezza anche l’amore, rendendo il mancato incontro tra i due amanti, puniti dall’irruenza dell’alluvione, un momento che durerà per sempre.

Giorgia

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