Recensione di La fata carabina di Daniel Pennac
Reading Time: 3 minutes
Ciclo di Belleville
Daniel Pennac
Narrativa - noir
Feltrinelli Editore
1987
Cartaceo- Ebook
236
Intenta ad attraversare la strada con tutta la circospezione dovuta all'età avanzata, una vecchietta tremolante impugna improvvisamente una P38, prende la mira e fa secco un giovane commissario di polizia... È proprio attorno ai vecchietti che gira questo nerissimo romanzo di Pennac: vecchietti uccisi a rasoiate, vecchietti a cui la sorellina di Benjamin, Thérèse, legge la mano reinventando ogni giorno un avvenire diverso, vecchietti vittime e vecchietti assassini. Cosa sta succedendo nel mercato della droga parigino? Come mai gli anziani abitanti del quartiere di Belleville sono diventati accaniti consumatori di stupefacenti? E perché se non li fa fuori la droga, vengono uccisi uno dopo l'altro con i sistemi più brutali? A tutte queste domande risponderà ovviamente Benjamin, ritenuto come al solito in un primo momento il principale indiziato.
La Fata Carabina, il secondo brillante capitolo del Ciclo dei Malaussène
“Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione.”
La prima volta che sono entrata da Libribelli, la bellissima libreria libera dove faccio la volontaria ogni sabato pomeriggio, ho fatto il pieno di libri, portandone via un bel po’, data la natura del posto e per la mia indole divoratrice di pagine.
Uno dei primi su cui il mio occhio si è fermato fu La Fata carabina, del mio adorato Pennac, e, come ovvio che sia, l’ho portato via con me.
Un anno fa ho letto il primo capitolo della saga di Belleville il Paradiso degli Orchi (e recensito per ArtSpecial Day qui) e Diario di un Corpo e mi sono innamorata dello stile visionario del folle autore francese, così ho deciso di buttarmi nella lettura del secondo libro della serie dei Malaussène.
I polizieschi di Belleville continuano ancora con un nuovo mistero per la stramba famiglia Malaussène grazie a La Fata Carabina, il numero due di una serie di sette libri: il protagonista è il capro espiatorio Ben, che si trova a capo di una tribù molto colorata. Abbiamo una mamma sbandata, che fa figli e li lascia crescere al figlio maggiore, e una sorella infermiera (l’unica a non condividere il domicilio con il resto della famiglia), Jérémy il fratellino scapestrato, Clara la fotografa, Thérèse la veggente e il Piccolo con il suo cane Julius epilettico.
Il quadretto questa volta è arricchito dall’adozione di quattro nonni, strappati alla droga per essere ospitati e rimessi in sesto dalla strampalata combriccola.
Intorno alla storia della famiglia gira un mistero, una serie di omicidi di donne anziane e uno spaccio controcorrente di eroina, arricchito da una giornalista aggredita e l’omicidio di un poliziotto.
La polizia di Parigi indaga sulle vicende, attraverso gli investigatori Cercaire, Pasteur, Rabdomant e Thian (sotto le mentite spoglie della vedova Ho, anziana vietnamita). Come al solito le tracce portano a Ben Malaussène. Con Julie alle calcagna degli spacciatori, per scrivere un articolo shock sulla droga e gli anziani, le vicende iniziano a incrociarsi presentandoci una storia degna del precedente libro: appassionante, divertente e strampalata.
Pennac è sconclusionato come al solito. La sua storia sembra sempre senza senso e con troppi dettagli all’inizio; con una maestria degna di nota l’autore riesce a ricomporre i pezzi del suo racconto.
I primi dieci capitoli, infatti, sembrano non seguire ne un filo logico ne temporale; ma bisogna dare il tempo a Pennac di raccontare la sua storia, dove ha nascosto un fitto intreccio che si sbroglierà verso l’epilogo della vicenda. Questi incroci pazzeschi ci porteranno però come nel libro precedente a un finale sempre non scontato e perfetto.
Per niente velata, in tutto il romanzo, è la denuncia contro la droga. Quasi un trattato contro la tossicodipendenza; non solo la droga venduta nelle strade è sotto accusa, soprattutto quella donata per stare meglio negli ospedali, per guarire i malati, ma che alla fine non si “risvegliano più”.
La mia amica Betta dice che La Fata Carabina è il migliore della serie, ma devo ancora leggere gli altri cinque libri per poter dare il mio giudizio. L’unica cosa che posso dire per ora è che adoro Pennac, il suo stile scanzonato e brillante, i suoi giochi di parole e la sua irriverenza.
Mi ha fatto desiderare di fare il capro espiatorio per lavoro, di prevedere il futuro come Thérèse e di essere una fotografa tetra e realista come Clara. Ho desiderato di portare in giro Julius per le vie delle periferie parigine e di raccontare storie al Piccolo prima di andare a dormire. Ha creato una serie di romanzi polizieschi, che non sono davvero dei gialli, in cui unisce la simpatia ad argomenti sempre molto forti, creando un successo immenso in tutto il mondo alla sua saga.
Consiglio a tutti di conoscere almeno per una volta i miei adorati Malaussène, libri incantevoli che sono perfetti anche se presi singolarmente. La Fata Carabina è un libro da leggere per meravigliarsi di come si possano creare storie tanto intricate quanto perfette.
Giorgia
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Founder di Book-tique.
Nata nel varesotto alla fine dei gloriosi anni ’80, adottata da Trieste in giovane età e infine emigrata per qualche anno in Australia, e rimpatriata.
Nella vita ho fatto un po’ di tutto, ma le due costanti sono state l’amore per i libri e la passione per la scrittura. Per questo ho deciso di aprire questo blog e parlare con frequenza di libri e di quel che ruota attorno a loro.
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